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Il Torrente Aposa

Già destinato in città alle attività dei conciatori, dei cartolai e dei tintori, rimosse in seguito all’apertura, nel 1252, di via Cartoleria, servita da una ramificazione del canale di Savena, il torrente Aposa venne destinato all’alimentazione dei battocchi, alle irrigazioni degli orti, ad alcune modeste attività lavorative e, prevalentemente, come collettore per lo smaltimento delle acque reflue provenienti da diversi rami fognari.

Originato da alcuni rii che scendono dalle pendici del Monte Paderno, dei rilievi collinari di Roncrio e del crinale su cui si snoda la via dei Colli, il torrente Aposa, chiamato anche Avesa, scorre scoperto lungo la via Roncrio, che incrocia due volte sottopassando due ponticelli di mattoni. A circa 2500 metri dalle sue scaturigini – in località Alla Grotta, poco prima della casa di cura Villalba – il torrente imbocca un condotto sotterraneo corrente, più a valle, lungo via San Mamolo.

In epoca imprecisata il corso originario del torrente Aposa, unico corso d’acqua naturale che attraversa Bologna da sud a nord, era stato abbandonato in seguito all’apertura di un nuovo ramo artificiale a occidente, corrente in città lungo le vie Galliera e Avesella. Mantenendo attivo anche il ramo occidentale, nel 1070 a partire dal Ponte della Pietra, in prossimità dell’ingresso del Parco di Villa Ghigi, venne riattivato il ramo originario orientale impinguando le sue portate con le acque dell’antico acquedotto romano. Secondo le cronache, in occasione del ripristino dell’antico alveo, il cui percorso è rimasto pressoché invariato fino ai nostri giorni, lungo le rive fuori città vennero costruiti ventisei mulini per macinare il grano19.

Dal Ponte della Pietra il torrente, raggiunta via Bellombra, scorre, sempre interrato, nelle proprietà lungo questa strada. Dopo aver attraversato il giardino pubblico Remo Scoto, le vie Alessandro Codivilla e della SS. Annunziata e l’area già dell’omonimo convento, fondato nel 1304 insieme alla chiesa dai monaci armeni di San Basilio cui subentrarono nel 1475 i Frati Minori Osservanti che rimaneggiarono l’edificio sacro, arriva in viale Enrico Panzacchi. Sottopassato il viale di circonvallazione, dopo un tragitto di circa 5000 metri dalla sua origine, l’Aposa entra in città attraverso l’antico complesso della Grada – nome riferito alla grata protettiva che sbarrava l’ingresso –, scampato alle demolizioni della terza cerchia muraria attuate fra il 1901 e il 1902.

Percorrendo via Alfredo Rubbiani, il corso d'acqua raggiunge, al di là di viale XII Giugno, aperto nel 1909, il santuario del Santissimo Crocefisso del Cestello.

Dopo aver sottopassato longitudinalmente l’edificio sacro, il torrente prosegue lungo la mezzeria di via San Domenico. Gradualmente anche il tratto corrente lungo questa via, fornito nella seconda metà del XIII secolo di un guazzatoio per l’abbeveraggio e il lavaggio di animali di grossa taglia, venne coperto. Dopo aver attraversato alcune proprietà private e via de' Poeti, l’Aposa arriva in vicolo San Damiano. Davanti a questo vicolo il torrente sottopassava il Ponte di Ferro, denominazione risalente al XIII secolo verosimilmente riferita a un nome o a un soprannome di una persona abitante nella zona, che identificava anche la strada prima dell’apertura di via Farini, decretata nel 1860.

Oltre via Farini, il torrente passa sotto piazza Minghetti, aperta nel 1893, fornita di una delle due botole basculanti di copertura delle scale – l’altra è in piazza San Martino – per l’accesso all’alveo sotterraneo del torrente. Supera quindi, sempre sotto terra, il Palazzo delle Poste, progettato dall’ingegner Emilio Saffi, inaugurato nel 1911. Per edificare questo Palazzo nel 1905 erano state abbattute diverse costruzioni fra cui la casa natale di Santa Caterina de’ Vigri, ricordata da una targa murata al civico 11 di via de’ Toschi.

Proseguendo, l’alveo sottopassa la parte posteriore di palazzo Pepoli Campogrande, prospiciente il lato orientale della strada, il cui progetto si deve a Giuseppe Antonio Torri (n. 1663) e a Giovan Battista Albertoni (attivo nella seconda metà del XVIII secolo). Prima della costruzione del palazzo, l’Aposa scorreva in parte scoperto dietro le case che si affacciano su questo lato.

Dopo via de’ Toschi il torrente incrocia le vie Clavature, Caprarie e Rizzoli, strada sotto cui è tuttora visibile l’intradosso del ponte romano in selenite, costruito fra il 187 e la seconda metà del I secolo a.C., ritrovato nel 1918 nel corso dei lavori per l'allargamento dell’asse viario Mercato di Mezzo. Seguendo la direttrice della galleria Acquaderni, aperta nel 1928 inglobando la chiesa di San Giobbe e l’ospedale degli infermi affetti dal “morbo gallico” (sifilide), attivo fra il 1500 e il XVIII secolo, il torrente prosegue, oltrepassato vicolo San Giobbe, parallelamente a via dell’Inferno.

Fino ai primi anni del Settecento il torrente, incuneato fra le case lungo il lato occidentale di questa via  – sita all’interno del ghetto ebraico istituito nel novembre del 1555 sotto il pontificato di Pio IV –, era ancora in gran parte scoperto. Con probabilità il nome Mozza, attribuito fra il primo e il secondo decennio del XVIII secolo alla casa all’angolo con vicolo San Giobbe testimoniava l'inizio del tragitto a cielo aperto che, come era già avvenuto nel XV e nel XVI secolo per il tratto dietro le case di via de’ Toschi, alcuni privati ottennero il permesso di coprire con volte in laterizi.

Dopo la piazzetta Marco Biagi il torrente si avvicina al lato occidentale di piazza San Martino, che segue parallelamente fino a via Marsala. La botola basculante nella piazza copre una delle due scale (l’altra è in piazza Minghetti) per l’accesso all’alveo sotterraneo del torrente.

Oltrepassata via Marsala, il torrente Aposa scorre davanti alla facciata della basilica di San Martino, fondata nel 1217 su una preesistente chiesa risalente al 1121 e riedificata dai Carmelitani in più riprese a partire dal XIV secolo. Prima del suo prolungamento, facente parte di alcuni lavori attuati fra il 1491 e il 1496, si accedeva alla chiesa tramite un ponticello di legno, uno dei luoghi deputati per la lettura dei bandi nel 1289. Dotato dalla metà del XIII secolo di un guazzatoio per l’abbeveraggio e il lavaggio degli equini e dei bovini, nella zona il torrente azionava anche una sega per legnami.

Attraversata l’area già facente parte del complesso conventuale di San Martino, occupata in passato da orti e giardini, il torrente prosegue, oltre via delle Moline, dietro le caratteristiche case di via Capo di Lucca, un tempo appartenenti all'Università delle Moline e Moliture. Infine, superata via Irnerio, spostandosi verso via del Pallone l'Aposa confluisce, a circa 7500 metri dalle sorgive, nel canale delle Moline sotto il piazzale interno dell'autostazione (parallelo a viale Masini).

di Angelo Zanotti


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